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Studio Biblico Fianco a Fianco

Studio Biblico Fianco a Fianco

Studio Biblico in occasione dell’incontro provinciale ADI Campobello di Mazara 19 Novembre 2017

Fianco a Fianco

Come servire il Signore insieme agli altri (Filippesi 4:2,3)

Lo spunto delle riflessioni di questo studio biblico, è tratto da una questione “personale” che era accaduta fra due credenti della chiesa di Filippi. Se però la disputa tra Evodia e Sintìche viene affrontata da Paolo in una lettera indirizzata a tutta la comunità (Fil. 1:1), evidentemente il problema non era più del tutto “personale”, in quanto la gravità della loro questione era proporzionale al loro impegno per la causa dell’Evangelo.Viviamo in un mondo in cui avere dei titoli o delle cariche, spesso vuol dire vivere al di sopra delle regole o avere privilegi a spese dell’intera società. In questo contesto la Chiesa ha ricevuto da Gesù la giusta prospettiva del servizio: “il maggiore tra di voi sia vostro servitore” (Mt. 23:11. Il v. 1 ci dice a chi erano rivolte queste parole).Servire il Signore è una prerogativa di tutti i credenti. Nel nostro testo troviamo alcune indicazioni su come farlo, insieme agli altri.

I) LA CONCORDIA: “…essere concordi nel Signore”.

Non sappiamo con precisione cosa sia successo tra queste due donne. Dopo aver lavorato insieme per un certo periodo, deve essere accaduto qualcosa che ha rovinato la loro comune visione. La concordia, ovvero il medesimo sentimento (Riv.), richiesto da Paolo è particolare: “nel Signore”. I collaboratori saranno veramente uniti solo quando ognuno di essi, singolarmente, sarà unito con il Signore (Gv. 17:21).
La concordia, sembra essere uno dei segreti per la ‘prosperità’ della chiesa del libro del libro degli Atti. Osserviamo:
– Erano concordi nella preghiera (Atti 1:14) e il Signore li battezzava nello Spirito Santo (Atti 2:1-4).
– Erano concordi nel servizio e nella comunione fraterna (Atti 2:46) e il Signore salvava (Atti 2:47).
– Erano concordi nei momenti difficili (Atti 4:24) e il Signore li rivestiva di potenza (Atti 4:31).

II) LA FEDELTA’: “…mio fedele collaboratore…”.

Dopo aver esortato direttamente Evodia e Sintìche, l’apostolo sta ora chiedendo aiuto ad un fratello che definisce “fedele collaboratore”. Sull’identità di quest’uomo sono state avanzate le più disparate ipotesi, che ovviamente non prenderemo in considerazione, ma ci soffermeremo su ciò che sappiamo.
a) Era fedele. Qui si parla della sua fedeltà nei confronti di Paolo. Ciò ci ricorda che se è vero che prima dobbiamo essere
nel Signore, e quindi fedeli in ogni cosa al Capo della Chiesa, anche tra i credenti deve regnare la lealtà e la stima
reciproca (Fl. 1:27; 2:1-4).
b) Era un collaboratore. Questo stesso termine ( gr. “sunzuge”), veniva usato per indicare il coniuge, un compagno, un
collega, e il significato letterale è “accoppiato sotto un unico giogo”. Sull’unico giogo che ogni credente deve prendere,
Gesù ci ha dato delle indicazioni (Mt. 11:28-30). Anche sul modo in cui dobbiamo essere aggiogati, la Parola di Dio ci
da dei suggerimenti (Deut. 22:10; II Cor. 6:14-16).

III) L’IMPEGNO: “…hanno lottato per il vangelo…”.

Non ci è dato di conoscere la natura di questa lotta, ma l’idea di un loro pieno coinvolgimento a fronte anche di rinunce e sacrifici, è forte e chiara. Servire il Signore vuol dire metterLo al primo posto; vuol dire aver preso con Lui un impegno solenne che cercheremo di adempire nel miglior modo possibile (Num. 30:2; Ecc. 5:5).
Il servizio cristiano è spesso raffigurato dalla lotta. Solo nel Nuovo Testamento ci sono almeno 90 riferimenti al combattimento spirituale. Mi limiterò alle seguenti considerazioni.
– E’ un “buon combattimanto” (1 Tim. 1:18; 6:12).
– Ci si sostiene a vicenda (Fil. 1:30).
– Il Signore ci dà la vittoria (1 Cor. 15:57).

IV) L’ESEMPIO: “Esorto Evodia ed esorto Sintìche…”.

Pur tenendo presente che ogni tipo di incomprensione fra qualsiasi credente può essere deleteria per la buona salute della comunità, questo però non era un semplice alterco tra due semplici credenti. Si trattava di due collaboratrici! Un noto studioso così commenta questo episodio: “Perchè il buon andamento della chiesa non sia turbato, è necessaria l’unione di coloro che sono chiamati a dirigerla. Paolo sa che un doloroso dissenso è scoppiato fra due donne che lo hanno strenuamente aiutato nel suo lavoro, e che esercitano non poca influenza nella chiesa. Egli le invita a porre fine a cotesto dissenso, e prega un terzo, nel quale egli ha completa fiducia, a volerle aiutare perchè possano arrivare allo scopo” (Godet).
Se il mondo guarda la chiesa, la chiesa guarda i suoi responsabili (I Tim. 4:12; Ti. 2:7).
Tuttavia, occorre che ogni singolo credente dia l’esempio di un servizio fedele verso il Signore e la comunità. Ricordiamoci che un buon esempio è molto più efficace di tanti discorsi, affinché altri vengano coinvolti in questa straordinaria avventura che è la vita cristiana (Fil. 3:17).

CONCLUSIONE:

Ogni singolo credente ha ricevuto almeno un talento dal Signore. Ogni singolo credente è chiamato collaborare nell’ambito della comunità locale. Ogni servizio va svolto fedelmente, con impegno e in armonia con chi il Signore ci ha chiamato a collaborare. Il nostro sguardo non sia sugli onori o le attenzioni degli uomini, ma sia fisso sul nostro Signore Gesù Cristo. In quanto collaboratori nel Regno di Dio, non dobbiamo ricercare la gloria terrena ma dobbiamo ricordare che i nostri “nomi sono nel libro della vita” (Fil. 4:3).

Studio Biblico a cura del Pastore Vito Burgio

 

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