Per qualcuno, può risultare imbarazzante dire apertamente di essere un cristiano.
La conseguenza di questo imbarazzo, può essere determinata dal fatto che non
si conosce la Persona di Cristo.
Molti hanno paura del giudizio che ne potrebbe scaturire, altri non sanno nemmeno perché si definiscono cristiani. Qualcuno addiritura provano vergogna.
Ci sono delle domande, che possono aiutarci a comprendere il perché.
In qualità di credente io ho pienamente realizzato chi è Gesù Cristo per me.
Tu puoi affermare lo stesso?
Se non è così, probabilmente potresti appartenere a quel qualcuno menzionato prima.
Per un un’attimo, prova ad immaginare che la tua vita, o quella di un tuo familiare, sia stata appena salvata da morte certa da Gesù, proveresti lo stesso imbarazzo o vergogna a presentare il tuo soccorritore agli amici o ai parenti?
Certamente no, lo presenteresti con entusiasmo e grande gioia!
Se questo soccorritore a te sconosciuto, in cambio della tua vita, abbia sacrificato la sua, credo che quantomeno vorresti conoscere l’eroe che ti ha salvato la vita, vorresti sapere dove vive, cosa faceva, ed avresti certamente condiviso il suo l’altruismo, senza alcun imbarazzo né vergogna.
Il credente che annuncia e testimonia di Gesù, non è un fanatico sconsiderato, anzi è una persona, che può, con grande concretezza e determinazione affermare che, conosce bene il suo soccorritore, conosce il suo altruismo, sa che nonostante la possibilità che tu lo rinneghi,
Gesù
non ha considerato minimamente la possibilità di tirarsi indietro, ed ha offerto la sua vita volontariamente in uguale misura per tutti, ed il suo sacrificio non si è limitato ad un gruppo di persone ma all’intera umanità. Conosci qualcuno che ami, e ti ama così tanto?
Il credente che pubblicamente testimonia che Gesù è il figlio di Dio, è in relazione con Lui. Perquesto non prova imbarazzo a parlare di ciò che ha fatto per lui, perché lo conosce personalmente. Grazie alla presenza dello Spirito Santo egli è più reale di quanto tu possa immaginare!
Questa comunione è unica! Inimitabile e nessuno ne può negare l’evidenza, perché anch’essa e tangibile ed è quella che ha trasformato milioni di uomini e donne, che possono con grande lucidità ed amore, rendere pubblica la propria testimonianza di fede!
Se provi paura, se stai attraversando un momento di grande dolore, dovunque tu sia la Persona di Gesù è pronta a soccorrere la tua vita, se desideri sentire l’amore di Dio, lo troverai in coloro che questo amore l’ho hanno già nel loro proprio cuore.
Dio ti benedica grandemente ed un abbraccio spirituale possa arrivare al tuo cuore ed alla tua anima. Di Mariano S.
Prima lettera di Giovanni 4:15-19
Chi riconosce pubblicamente che Gesù è il Figlio di Dio, Dio rimane in lui ed egli in Dio.
Noi abbiamo conosciuto l’amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto.
Dio è amore; e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui.
In questo l’amore è reso perfetto in noi: che nel giorno del giudizio abbiamo fiducia, perché quale egli è, tali siamo anche noi in questo mondo.
Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell’amore.
Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo.
Sono molte le correnti che sminuiscono il valore del velo nella chiesa di oggi.
Ancora più sorprendente, è vedere con quale superficiale approccio, ognuno, apporta il proprio pensiero. Con umiltà, vorrei sottolineare che spesso questi concetti esprimono la propria idea.
Il mio desiderio è invece, quello che ognuno di noi possa mettere da parte il proprio preconcetto su tale argomento, questo per considerare e determinare alcuni punti fondamentali.
Il Punto 1) Deve tenere conto delle nostre conoscenze bibliche se sono adeguate, e tengono conto dell’importanza spirituale.
Il Punto 2) Deve considerare quali sono le ragioni scritturali per coprire il capo?
Il Punto 3) Deve considerare quanto sia importante coprirsi il capo ancora oggi?
Questi punti devono servirci come base per avere una riflessione adeguata e non superficiale.
Credo che ogni credente debba tenere conto dell’insegnamento della Parola di Dio, nella sua totalità.
Qualche volta vi sarà capitato che qualcuno vi ponga la domanda perché le sorelle nelle vostre riunioni di culto utilizzano il velo?
Sarà anche capitato che qualcuno abbia criticato e giudicando tale uso antiquato e inutile.
Certo l’uso del velo non è una novità. Anche in un passato non tanto lontano. Il suo significato spirituale, era accettato e utilizzato dalla religiosità più diffuse, ne troviamo conferma da foto storiche, libri e vecchi film. Ma quello è che ha più valore, è quello della chiesa dell’era Apostolica.
Voglio, considerare l’esempio che ritengo sia il più semplice: quello della sposa. Non è pensabile, che una sposa si presenti senza il velo, nel giorno delle sue nozze! Perché?, Come Mai? La cosa che più mi sorprende è considerare, che in quel fatidico momento, viene accettato senza alcuna obiezione, ne avversione, sia da parte della donna che dall’uomo.
Quando l’uso del velo, si applica nel contesto del servizio cristiano, incredibilmente diventa una pratica inutile, antiquata e senza valore.
Come credenti cristiani, il nostro giudizio, si deve basare su una riflessione profonda, che tenga conto del contenuto spirituale, sul valore oggettivo, sulla sua efficacia. Lo Spirito Santo possa istruire ognuno di noi in modo da restare saldi al messaggio biblico.
Sembrerebbe al quanto strano, che accettiamo una parte del messaggio biblico che Paolo ci rivolge, e ne trascuriamo altri. Questo perché li reputiamo non adatti alla nostra epoca? Noi predichiamo l’Evangelo così come ci è stato insegnato e trasmesso. È solo grazie alla potenza dello Spirito Santo che questo messaggio ha la capacità di raggiungere i cuori e le anime.
Questo messaggio non ha tempo, luogo o costumi, è un messaggio semplice efficace e potente!
Ricorderete la guarigione di Namman, il Siro. (2 Re 5:1-27) Il profeta gli mandò a dire di lavarsi sette volte ne giordano è sarebbe stato guarito dalla sua lebbra. Qualcosa di cosi semplice che nella logica di Namman trovò spazio suscitando la sua ira, ma quando fu messo dinnanzi alla ovvia praticità, lui ubbidì, e Dio manifestò la sua Gloria! Guarendolo!
Credo che nessuno di noi possa smentire che l’apostolo Paolo fu uno dei predicatori dell’evangelo che in prima persona reputò tutta la sua conoscenza spazzatura! Ma le sue epistole ei suoi insegnamenti hanno pervaso le nazioni, sono state conservate e trasmesse alle chiese di ogni epoca e generazione! Possa lo Spirito Santo che ha guidato Paolo con tanta potenza ed efficacia trasmettere a noi una parte di quella gloria e potenza!
“Se ogni scrittura è ispirata da Dio…” 2 Tim. 3:16 Come lo stesso Paolo scrive, e se questa scrittura produce in noi dei benefici pratici, non possiamo negare il messaggio universale trasmesso alle chiese.
Nella seguente riflessione, ho voluto limitare le citazioni bibliche, per il semplice fatto che il mio desiderio è invitarvi alla lettura e riflessione profonda dell’insegnamento biblico di Paolo in 1 Corinzi 11:1-16
FINE PRIMA PARTE
Dio ci benedica!
IL CAPO COPERTO NELLE SCRITTURE
Nell’Antico e nel Nuovo Testamento si rileva che gli individui usavano indossare vari tipi di copricapo secondo le occasioni. In alcuni casi, l’uso del copricapo era stato ordinato da Dio, mentre in altre situazioni dipendeva dall’iniziativa personale.
Il tipo di copricapo era spesso collegato alla situazione e al ruolo specifico della persona. Di seguito viene riportata una breve sintesi dell’uso del copricapo nelle Scritture.”
L’Antico Testamento fornisce una serie di esempi e alcune norme riguardanti l’uso del copricapo. Tali norme erano riferite principalmente ai sacerdoti. In generale, nell’Antico Testamento, l’usanza era che:
Alcune delle pratiche menzionate nel Nuovo Testamento hanno lo scopo di fornire una rappresentazione simbolica e rilevante della relazione tra il credente e Dio.
Queste includono la Cena del Signore e il battesimo. Nella prima lettera ai Corinzi, l’apostolo Paolo dedica la metà di un capitolo per spiegare l’importanza simbolica del capo di un credente durante la preghiera e la profezia.
Come altri simbolismi del Nuovo Testamento, quello di “coprire il capo” è considerato un insegnamento nuovo per le chiese, indipendente dalle istruzioni dell’Antico Testamento. Dando queste istruzioni, Paolo scrive anche ammaestramenti che riguardano le relazioni tra gli uomini, le donne, Cristo e Dio. Queste relazioni – insieme alle questioni a esse associate di “autorità” e “gloria” – sono i principi fondamentali di I Corinzi 11:2-16. La pratica fondamentale trattata in questo brano, in ogni caso, è l’uso di coprire il capo. Uno studioso della Bibbia ha dichiarato che questo è “un brano che si è trasformato in un campo di battaglia del XX secolo … Tali questioni … fanno parte della turbolenta controversia che è culminata nel Movimento Femminista dei nostri giorni”. La prossima sessione di questo studio contiene una panoramica su questo brano e una discussione sulle varie questioni che questo brano solleva.”
La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore? Mentre se una dona porta la chioma, ciò è per lei un onore; perché la chioma le è data a guisa di velo” (I Corinzi 11:14, 15).
Nell’ordine divino non v’è nulla che sia contro natura. Lo spirituale e il naturale si armonizzano in modo perfetto, secondo il piano di Dio. Perciò, questa domanda ha la sua importanza.
Quante volte noi tutti, uomini e donne, saremmo salvaguardati dalle esagerazioni delle nostre scelte se fossimo pronti a lasciarci istruire dal meraviglioso esempio di equilibrio che ci fornisce la natura. Se in natura stessa la donna è dotata di una chioma più lunga, quasi come un velo che abbellisce e impreziosisce la figura femminile, perché allora le credenti stesse vogliono apparire dinanzi a Dio con proprietà, decoro e delicata bellezza? Qualcuno, pur di sostenere la propria intransigente posizione contro l’uso del velo da parte delle donne cristiane, afferma “la chioma le è data a guisa di velo” non occorre altro, perché il capo è coperto. Questo è il classico caso del “testo tolto dal contesto che diventa pretesto”. Infatti, nello stesso capitolo è “…ogni donna che prega o profetizza senz’avere il capo coperto da un velo, fa disonore al suo capo, perché è lo stesso che fosse rasa. Perché se la donna non si mette il velo, si faccia anche tagliare i capelli!” (I Corinzi 11:5, 6).
Il testo che fa appello alla natura, contiene anche un richiamo anche gli uomini “capelloni”, considerandoli degli “effeminati e dei damerini”.
Un notissimo commentatore biblico afferma a proposito di questo testo: “Il fanatismo sfida la natura, il cristianesimo (vero) la rispetta, la perfeziona, la santifica… lo Spirito di Cristo sviluppa ciascun individuo secondo la propria natura, non secondo quella degli altri. Rende l’uomo più veramente uomo e la donna più veramente donna”.
Esistevano in Corinto, e purtroppo ve ne sono ancora, dei contestatori che non pensavano nemmeno lontanamente di condividere le ragioni esposte e per partito preso avrebbero cercato cavilli per rifiutare il consiglio della Parola di Dio.
Per questo Paolo si richiama alle regole attuate dagli apostoli e dalle chiese o “assemblee” di Dio, dichiarando perentoriamente che tale “usanza” non era comunemente accettata. Bisogna notare quanto sia importante quest’appello agli usi, degni di rispetto, perché applicati dagli apostoli e dalle chiese dell’era apostolica, e se la Chiesa cristiana fedele a tutto l’Evangelo desidera richiamarsi alla semplicità e alla potenza della Chiesa cristiana dei primi secoli è doveroso accettare e attuare quest’uso che, per decoro e dignità, onora ogni comunità cristiana. Inoltre, autorevolmente, l’apostolo non consente alcuna replica sull’argomento, ricordando che né gli apostoli né le chiese hanno l’abitudine di perdersi in ragionamenti cavillosi proposti dai contestatori.
E’ evidente che si deve tener conto dell’uso e della cultura del paese in cui si vive, perché i cristiani non appaiano stravaganti nell’ambiente in cui vivono, ricordando tuttavia che la moda e gli usi vanno ripudiati quando contrastano con la natura stessa o la distorcono e quando, ancora di più, infrangono le regole morali stabilite dalla Parola di Dio, riguardanti la modestia, la sobrietà e il decoro.
UN APPELLO AI PRINCIPI SCRITTURALI
Abbiamo lasciato quasi in fondo, ma questo non ne diminuisce certamente l’importanza.
Stabilito il principio che “Dio è ordine”, di conseguenza tutto deve rimanere nel ruolo proprio assegnato dalla legge divina. Se era vero che il velo rappresentava un segno di sottomissione, l’apostolo ispirato dallo Spirito Santo ricorda che, nei rapporti con Dio, la donna e l’uomo sono uguali, ma nella sfera sociale riconoscono ruoli differenti. Differente non vuol dire inferiore o superiore, ma ognuno, nella sfera di servizio in cui Dio stesso l’ha posto, svolge fedelmente il proprio ruolo nel riconoscimento dell’ordine divino.
Tanto argomentare sull’uguaglianza dei sessi ignora che Dio li ha creati per essere di complemento e non in competizione l’uno con l’altro. L’uguaglianza in senso giuridico e sociale non può assolutamente ignorare l’ordine naturale stabilito dalle leggi divine. Mentre ognuno può ricordare uomini e donne che svolgono i propri ruoli con ostentata aria di sfida, può anche apprezzare il ricordo gratificante di tanti uomini e donne che con gentilezza e squisita delicatezza compiono la loro opera al servizio degli altri.
Se biblicamente la donna cristiana deve portare il capo coperto quando “prega o profetizza”, bisogna anche ricordare che c’è un richiamo per l’uomo cristiano che non “deve far disonore al suo capo”. Quindi, anche lui deve assumere la giusta attitudine davanti al Signore, in un atteggiamento che manifesti dignità e riverenza.
Infine, sarà utile mostrare sempre tatto e discrezione verso le visitatrici che assistono alle riunioni a capo scoperto per ascoltare il messaggio dell’Evangelo, senza imporre loro obbligatoriamente l’uso del velo. Qualsiasi persona di buon senso ben presto o comprenderà la ragione di questo costume o chiederà spiegazioni!
Incoraggiamo sempre l’attuazione dei principi biblici nelle nostre comunità, esortandoci a vicenda perché possiamo seguire i sentieri antichi”, liberandoci da tutte quelle forme di mancanza di cortesia che certamente non manifestano lo Spirito di Cristo.
Vi sono alcune obiezioni che sono sollevate e a cui vorremmo dedicare dei cenni chiarificatori.
1. La mia coscienza mi dice che non è necessario.
Bisogna dire intanto che, contrariamente a quello che alcuni credono, i veri credenti non agiscono mai soltanto secondo la propria coscienza, dato che questa è elastica e varia da persona a persona, ma anche perché è influenzata dall’ambiente che ci circonda, al punto che, senza volerlo, spesso ci troviamo a pensare e a comportarci come gli increduli, mentre la Bibbia dichiara: “Non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente” (Rom. 12:2). I credenti della chiesa di Corinto, per esempio, agivano secondo la propria coscienza, però in maniera abominevole, praticavano l’incesto (I Cor.5), litigavano fra loro (I Cor.6), e altro; eppure erano convinti di agire bene (I Cor. 4:4; Tito 1:5). Ecco perché anche la coscienza necessita di essere continuamente purificata dallo Spirito Santo e sottomessa alla Parola di Dio (Ebr. 9:14; 10:22).
La Bibbia è, e rimane, la suprema autorità (I Giov. 3:20). Un vero cristiano che vuole veramente piacere a Dio (Col. 1:10), non agirà secondo la propria coscienza, ma si chiederà sempre: COSA DICE LA BIBBIA?
2. Era un’usanza di quel tempo.
Se è vero che le donne anticamente usavano portare il capo coperto da un velo e soltanto le donne di malaffare mostravano il volto e mettevano in mostra i capelli per attirare gli uomini, è altrettanto vero che le donne greche usavano partecipare ai loro culti pagani con il capo scoperto. Pertanto, I’apostolo Paolo nell’epistola ai Corinzi dà delle direttive cristiane e dottrinali che non si basano sulle usanze religiose dell’epoca. Tant’è vero che gli uomini ebrei (e Paolo era ebreo) pregavano sempre a capo coperto, come d’altronde fanno ancora. Se l’apostolo Paolo voleva dare semplicemente delle direttive, per conformarsi alle usanze dell’epoca, perché dice che gli uomini devono invece partecipare al culto cristiano con il capo scoperto? (I Cor. 11:4). Perché afferma qualcosa che è diametralmente in contrasto con le usanze dell’epoca?
Forse qualcuno vuole ancora affermare che Paolo si conformava ai costumi dell’epoca? L’apostolo dice espressamente: “Non vi conformate a questo secolo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la volontà di Dio” (Rom. 12:2).
Non sembra un po’ strano che dopo quest’affermazione, I’apostolo per primo, si sia conformato alle usanze correnti? La verità è che egli va al di là delle usanze, poiché trasmetteva” ciò che aveva ricevuto, per lo Spirito Santo, direttamente da Cristo (I Cor. 11:2, 23).
Pertanto, chi ci autorizza a rifiutare quanto scritto nel capitolo 11 di prima Corinzi e ad accettare, invece, il resto dell’epistola? Chi ci autorizza a distinguere ciò che era soltanto per quell’epoca da ciò che è valido ancora oggi? Non c’è il pericolo che ragionando così cominciamo a tagliare e a eliminare ciò che a noi non piace, con il risultato di avere poi una Bibbia amputata” cioè. non più “Tutta la Parola di Dio”? E con quale autorità possiamo fare simili distinzioni? Certamente non sull’autorità della Parola di Dio. Non è forse scritto che essa non è soggetta ai mutamenti continui della società, degli usi e dei costumi, ma rimane in eterno? (Isaia 40:8).
Un noto commentatore biblico, anteriore al Movimento Pentecostale, disse a proposito del velo: “Non si tratta di usi locali passeggeri, ma di fatti permanenti; talché le ragioni messe innanzi dall’apostolo hanno valore per tutti i tempi (6). E queste motivazioni indicate da Paolo le abbiamo già considerate.
3. La Chioma è data a guisa di velo (1Cor.11:15).
E strano, però, che coloro i quali affermano che l’uso del velo era soltanto un’usanza dell’epoca in cui scrive l’apostolo, poi affermino che a quel tempo era possibile non portare il velo a condizione. però che la donna avesse una folta chioma. Non sembra una contraddizione? Insomma, qual era l’usanza, portare il velo o la chioma?
In realtà l’apostolo Paolo sta semplicemente dicendo che la chioma della donna è un segno di gloria per l’uomo, come anche di amorosa sottomissione. A maggior ragione la donna deve avere un segno di amorosa sottomissione verso Dio quando è alla Sua presenza: un velo che copra la chioma. Il velo, quindi, non è altro che un segno di rispetto e di amore verso Dio. Il versetto 15 deve essere letto insieme al verso 6: “Se la donna non si mette il velo si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è cosa vergognosa per una donna farsi tagliare i capelli o radere il capo, si metta un velo”. E tagliare i capelli, qui, vuol dire farsi rasare con il rasoio, cioè avere la testa pelata, calva. Per cui questo verso, letto alla luce del contesto, significa chiaramente che la donna non può presentarsi a Dio con lo stesso segno con cui si presenta all’uomo.
4. E’ soltanto scritto una volta.
Intanto, c’è da dire che l’obiezione è imprecisa, in quanto vi sono ben 15 versi che si occupano dell’argomento (I Cor. 11:2-16). Premesso ciò, domandiamo quante volte è scritto che bisogna battezzare i neofiti con la formula trinitaria? Non è forse scritto soltanto una volta (Mat. 28:19)? Eppure questa è la formula battesimale ordinata da Gesù Cristo e praticata dai primi cristiani. Quante volte è scritto che bisogna pregare per i malati ungendoli d’olio? Non è forse scritto soltanto una volta (Giac. 5:14)? Eppure questa è stata la pratica dei primi cristiani, e ancora oggi di tutti i credenti fedeli a “Tutto l’Evangelo”. Questo perché esistono degli ordini specifici nella Bibbia, dati sotto forma d’imperativi, che non hanno bisogno di ripetizione. Insomma, anche quest’obiezione crolla dinanzi all’evidenza dei fatti.
5. E’ soltanto formalismo.
La Bibbia dimostra ampiamente che la questione va molto al di là dell’esteriore. Tuttavia, ammesso e non concesso che si tratti esclusivamente di un atto formale, nessuno può negare che ci sia un effetto salutare nell’aderire a una forma, forse esteriore, ma comunque ispirata al decoro e all’ordine.
Determinate regole, anche di carattere sociale, sono particolarmente giovevoli, soprattutto oggi quando sembra comunemente accettata la tendenza a impoverire ogni principio etico. L”estraneo che entra in uno dei nostri locali di culto si meraviglierà della semplicità del luogo, dell’assenza delle immagini. di altari, ecc., ma rimarrà certamente colpito dall’attitudine di profonda riverenza delle donne cristiane che partecipano con il capo coperto” (7).
Conclusione
La verità è che “all’insegna della libertà, dell’emancipazione e dei tempi moderni oggi, alcune donne cristiane seguono l’esempio negativo di quelle di ieri a Corinto. Non era una questione locale e di costume, I’antico richiamo rivolto dall’apostolo Paolo è una sana esortazione della Parola di Dio valida anche ai giorni nostri, affinché i sani principi divini vengano attuati in un mondo dove il significato di libertà subisce sempre continue alterazioni(8)
Dunque, il fatto che la donna durante il culto pubblico si copra la testa con un velo, è più che un semplice atto esteriore. Potremmo senz’altro affermare che si tratta di un punto dottrinale, poiché la Parola di Dio elenca almeno sette ragioni per cui ciò dovrebbe essere osservato:
1. A motivo dell’insegnamento trasmesso;
2. A motivo di Cristo;
3. A motivo dell’uomo;
4. A motivo degli angeli;
5. A motivo del decoro;
6. A motivo della natura;
7. A motivo dell’universalità.
Ciò è dimostrato, inoltre, dal perdurare di quest’uso in tutte le comunità cristiane dei primi secoli. Tertulliano (Cartagine 160 d.C. – 240 ca.), per esempio, I’apologeta che difese appassionatamente il cristianesimo da diverse eresie, nell’opera “De verginibus velandis”, dove viene affermato che non solo le donne sposate, ma anche le nubili devono coprirsi la testa con un velo durante il culto pubblico, parla del velo come il “baluardo della verecondia” e uno scudo che protegge dai fendenti delle tentazioni, dai proiettili dei risentimenti”.
Continuare ad affermare la tesi secondo cui la donna può partecipare ai culti a capo scoperto potrebbe anche manifestare un’evidente ribellione alla Parola di Dio e una volontà forse non totalmente tesa alla pace e all’unità: “Se qualcuno poi vuole ancora discutere(9) su quest’argomento (circa il portare il velo), sappia che noi e le altre comunità non seguiamo un comportamento diverso (l Cor. 11:16-TILC). E’ evidente dall’affermazione dell’apostolo che nell’era apostolica in tutte le comunità cristiane le donne si coprivano la testa con un velo. siache provenissero dal giudaesimo o dal paganesimo.
Note:
(1) In greco kefalè significa: capo, testa, signore, capo supremo nel senso di qualcuno che è superiore (cfr. C Buzzetti, “Dizionario base del Nuouo Testamento Greco-ltaliano, Libreria Sacre Scritture, Roma 1989, pag. 88);
(2) In greco “exousia” autorità, diritto, segno di appartenenza (cfr. C Buzzetti, op. cit., pagg. 57, 58);
(3) In greco prepon: è bene, essere adatto, conforme, giusto, conveniente (cfr. C Buzzetti, op. cit., pag. 133); (4) F. Toppi. “A domanda… Risponde, vol. 2, ADI-Media, Roma 1993, pag. 61;
(5) In greco “ecclesiai tou Theou”, lett. “Assemblee di Dio”
(6) E. Bosio, “Le epistole ai Corinzi’: ed Claudlana, Torino 1900/1989, pag. 94;
(7) F. Toppi, op. cit., pag. 60;
(8) F. Toppi, op. cit., pag. 59;
(9) In greco “philoneikos”: litigioso, che ama contestare, che vuole discutere (cfr. C. Buzzetti; op. cit., pag. 172).
Lo stile di insegnamento di Gesù ha preso le persone di sorpresa.
E ‘stato accattivante e accessibile. Ha insegnato in brevi storie allegoriche chiamate parabole.
Infatti, Marco ci dice che quando Gesù insegnò: “Non disse loro nulla senza usare una parabola” (Marco 4: 34a, New International Version).
Questo è il motivo per cui le persone sono state stupite dal suo insegnamento. Il modo in cui comunicava era accessibile a tutti, ma aveva ancora un’autorità che gli ebrei del I secolo non avevano mai sperimentato.
Ecco tre ragioni per cui Gesù ha insegnato in parabole:
Molte discussioni spirituali ruotano intorno a concetti e idee astratte. Per questo motivo, alcune persone li evitano come poco pratici e inutili. Gesù voleva aggirare i maestri della legge e portare il suo messaggio direttamente alle persone, il che significa che doveva comunicare in un modo che risuonasse con loro.
Usando le parabole, Gesù è stato in grado di condividere verità religiose che potrebbero immediatamente connettersi con i Suoi ascoltatori. Quando queste verità corrispondevano con le cose della loro vita quotidiana – come il pane che cuoce, coltivava e viaggiava – capivano.
Le persone diventano più coinvolte quando ascoltano una storia. Non stanno semplicemente coinvolgendo le parti del loro cervello utilizzate per l’elaborazione del linguaggio. Impegnano le stesse aree della loro mente che lo farebbero se stessero vivendo la storia da soli. Mentre la gente ascoltava la parabola del figliol prodigo, si sentivano scioccati dal fatto che un bambino chiedesse presto la sua eredità, o empatia mentre il figlio minore cominciava a soffrire. Coinvolgere l’immaginazione delle persone ha permesso all’insegnamento di Gesù di colpire davvero a casa.
Non è sufficiente che le parole di Gesù siano facili da afferrare; dovevano essere memorabili. Una storia dà all’ascoltatore un aggancio su cui aggrapparsi e un metodo semplice per comunicare la stessa lezione agli altri.
Il nostro cervello desidera elaborare le informazioni in base ai modelli. Interpretiamo nuove informazioni e scelte attraverso una lente di esperienze e conoscenze pregresse. Le parabole consentivano ai popoli della terra di collegare idee spirituali astratte con modelli che fossero significativi per loro. Quando nuove informazioni sono presentate in una forma narrativa familiare, i nostri cervelli sono maggiormente in grado di trattenere tali informazioni.
Le parabole di Gesù avevano una cadenza familiare simile a quella che le persone identificavano con:
Ciò ha permesso agli ascoltatori di Cristo di ricordare e comunicare facilmente queste stesse verità agli altri.
A volte le persone valutano solo concetti complessi e difficili da comprendere. Li fa sentire intelligenti e importanti. Questo descrive molti dei Farisei. Persone come questa respingono idee troppo accessibili. Ma questo perché invece di cercare la verità, questi leader volevano essere gli unici proprietari e amministratori di concetti esoterici. Poiché le parabole di Gesù erano accessibili a tutti, i Farisei probabilmente li liquidarono come sciocchi e irrilevanti.
Questo ha adempiuto la profezia di Isaia secondo cui le persone avrebbero “sentito, ma non avrebbero mai compreso, mai visto, ma mai percepito” (Isaia 6: 9b, NIV).
Gesù ha condiviso le verità del regno in modi che persino un bambino potrebbe cogliere. Ma a causa della loro durezza di cuore, molti in Israele non li accettavano. Gesù affronta questo fatto quando i discepoli gli chiedono perché parla in parabole.
“Perché la conoscenza dei segreti del regno dei cieli è stata data a te, ma non a loro: chi avrà sarà dato di più e avrà abbondanza. Chi non ha, anche quello che ha sarà preso da È per questo che parlo loro in parabole: “Pur vedendo, non vedono, sebbene sentano, non sentono o capiscono” (Matteo 13: 11-13, NIV).
Nella Grande Commissione , Gesù incoraggiò i suoi discepoli ad uscire e formare altri discepoli. Parte di quella responsabilità includeva “insegnare loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Matteo 28: 20a, NIV). Il fatto che gli insegnamenti di Gesù fossero così facilmente comprensibili e memorabili rese possibile questo comando. Ecco perché gli insegnamenti di Gesù sono così facili da afferrare e condividere ancora oggi!
Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. 1 Pietro 5:8
Credo vi sia capitato di sentire alcune persone affermare con assoluta certezza, di sapere cosa e buono e cosa non lo è.
La realtà di oggi è che assistiamo al declino della società in ogni ambito e livello sociale.
Conoscere qualcosa implica da parte nostra un apprendimento di ciò che riguarda quella specifica cosa. Questa regola vale per ogni singola attività che riguarda la vita dell’uomo.
L’uomo ha sempre appreso cose nuove, traendo dalla propria esperienza e conoscenza ogni sorta di disciplina e strumento che godiamo oggi in epoca futura.
Se conoscessimo realmente il male, credo che ci sarebbero meno vittime di abusi, meno disastri, ambientali e industriali, quello che vediamo oggi è una società a cui non piacciono le regole, a cui la condotta morale non fa che peggiorare e creare confusione, questo perché esita un’inesperienza del vero bene di cui l’umanità ha bisogno!
L’oggettività del male sta che esso viene descritto dalla Parola di Dio come un nemico, la vera difficoltà è mostrata dal fatto che questo nemico sa mimetizzarsi bene a differenza nostra, lui ci conosce bene, nei secoli ha imparato ad adattarsi e farci adattare su ciò che non è buono e si eleva contro la volontà di Dio.
Il diavolo spesso descritto in maniera errata, questo a sottolineare nuovamente la scarsa conoscenza che noi abbiamo del male.
Se Dio presenta nella sua Parola questo personaggio, ci descrive alcuni aspetti della sua natura del suo pensiero e delle sue azioni, questo deve motivare la mia e la tua fede ad accrescere e sviluppare una maggiore conoscenza, affinché conoscendo il nostro nemico sapremo adottare le misure più adeguate per combatterlo!
Noi non temiamo il male, né tantomeno il nemico che si nasconde dietro di esso, perché riconosciamo che Gesù Cristo lo ha sconfitto ed ha ottenuto la vittoria!
La nostra forza sta nella potenza di Dio, è questa potenza è manifestata nel nome glorioso di Gesù Cristo, il male non ha ragione di resistere difronte alla manifestazione della vera giustizia e della vera pace!
Il nostro scudo è la fede, una fede sincera, una fede che apprende sarà una fede che sorprende!
Ci sorprenderà perché l’autorità di Cristo sarà la nostra, per il quale il male fuggirà da noi se noi resistiamo affrontandolo con la lama dello Spirito o la spada che è la Parola di Dio.
Il mio invito, è che la tua fede possa essere basata sulla vera conoscenza del bene e del male
La mia speranza è che se molte più persone accetterebbero Cristo nella propria vita, il male non avrebbe modo di mietere cosi tante vite.
Per noi è importante conoscere, amare e servire il Signore, la nostra battaglia spirituale può essere vinta soltanto se conosciamo le strategie del nemico.
Ti invito a leggere Efesini 6:10-20
Simone Di Mariano
Il rito della Santa Cena, o Cena del Signore, è stato istituito da Gesù, personalmente, poco prima della crocifissione e tutti e quattro i Vangeli lo descrivono.
Il pane e il vino sono simboli del corpo che Cristo ha offerto sulla croce e del sangue (Vita) che Egli ha versato per espiare (Libro dei Numeri 28:22; Lettera agli Ebrei 2:17), purificare (Libro della Genesi 35:1-4; Lettera agli Ebrei 9:14; Prima lettera di Giovanni 1:7), vivificare (Vangelo di Giovanni 5:21; Lettera di Paolo agli Efesini 2:1,5) per chiunque creda in Lui.
La Santa Cena viene celebrata in memoria di questi fatti reali compiuti da Cristo a beneficio dei credenti (Vangelo di Luca 22:19; Prima lettera di Paolo ai Corinzi 11:23-25).
La Santa Cena è anche un promemoria dell’imminente ritorno di Gesù Cristo nel mondo e dell’evangelizzazione che nel frattempo deve essere svolta (Prima lettera di Paolo ai Corinzi 11:26; Vangelo di Matteo 24:14).
Nella comunione dei fedeli va ravvisato il Corpo di Cristo (la Chiesa), verso il quale va attuato l’amore, abolendo ogni egoismo e ogni individualismo (Prima lettera di Paolo ai Corinzi 11:20-22,27; Vangelo di Giovanni 17:20-23).
Differenze tra la Santa Cena e l’Eucaristia
Il rito della Chiesa Cattolica, della Chiesa Ortodossa, delle Comunità Anglicane di tradizione anglo-cattolica e di alcune Comunità Luterane in cui si celebra l’Eucaristia, si chiama “Celebrazione Eucaristica” o “Santa Messa”. Il termine “messa”, deriva dalla parola latina “missa” che viene pronunciata dal sacerdote nel rito in latino, quando congeda i fedeli dicendo: “Ite missa est”. Tradotta letteralmente significa “Andate, [l’offerta] è stata mandata” e si può riferire all’offerta sacrificale inviata a Dio oppure all’eucaristia inviata ai malati e agli assenti, secondo l’uso della Chiesa antica. Altri interpretano: “Andate, [l’assemblea] è stata congedata”.
Secondo le Chiese sopra citate, l’Eucaristia è l’azione sacrificale durante la quale il sacerdote offre il pane e il vino a Dio, che, per opera dello Spirito Santo, diventerebbero realmente il corpo e il sangue di Cristo, lo stesso corpo e lo stesso sangue offerti da Gesù sulla croce. L’altare è la croce sul quale in ogni messa si avvera lo stesso e identico sacrificio (in questo caso incruento) della stessa vittima: l’agnello pasquale, cioè Gesù. Con la distribuzione della Comunione, in cui sono presenti il corpo, il sangue, l’anima e la divinità di Gesù (transustanziazione), i fedeli entrano in comunione con Dio e pregustano i suoi beni, chiedono espiazione dei propri peccati, implorano la benedizione di Dio e chiedono il suffragio per le anime dei defunti.
I cristiani protestanti ed evangelici, che – secondo l’insegnamento della Parola di Dio – non credono che la messa sia il rendersi presente del sacrificio della croce, e non credono nella transustanziazione, usano chiamarla col nome di “Santa Cena” o “Cena del Signore”.
Riassumendo, la messa rappresenta il rinnovamento quotidiano del sacrificio della croce. La Bibbia sostiene invece che “… Cristo non è entrato in un luogo santissimo fatto da mano d’uomo… ma nel cielo… non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote… In questo caso, egli avrebbe dovuto soffrire più volte dalla creazione del mondo; ma ora, una volta sola, alla fine dei secoli, è stato manifestato per annullare il peccato con il suo sacrificio” (Lettera agli Ebrei 9:24-26).
Tratto e adattato da Wikipedia
Il termine “battesimo” (deriva dal greco antico “bapto – baptizo”, che significa “immergere, sommergere”), esprime il senso di una totale immersione nell’acqua, come simbolo di una totale accettazione del Cristo che purifica e rigenera (Vangelo di Giovanni 3:16; 6:51-58; Lettera agli Ebrei 4:2,3).
L’acqua non purifica ma simboleggia la morte del peccato che separa l’uomo da Dio, un seppellimento con Cristo e la risurrezione ad una vita nuova:
“… al tempo di Noè, mentre si preparava l’arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l’acqua. Quest’acqua era figura del battesimo (che non è eliminazione di sporcizia dal corpo, ma la richiesta di una buona coscienza verso Dio)…” (Prima lettera di Pietro 3:20,21).
Questo cambiamento è prodotto dal sacrificio di Cristo e dalla fede in Lui (Lettera di Paolo ai Romani 6:4; Vangelo di Giovanni 3:16).
Battezzati, ovvero immersi nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Queste tre Persone (ma un solo Dio) vengono chiamate in causa quale ragione della conversione e del battesimo stesso e quali testimoni. Il credente viene immerso in Dio; pertanto è invitato ad abitare, dimorare in Dio per una vita da cui Dio non deve essere mai escluso.
Il cristiano diventa così una sola cosa con la Trinità (Vangelo di Matteo 28:19; Vangelo di Giovanni 5:26; 15:4-6; Prima lettera di Paolo ai Corinzi 3:16; Prima lettera di Giovanni 2:27,28).
Pratiche e formule estranee alla Scrittura, all’insegnamento di Gesù e a quanto praticato dagli apostoli, non possono essere accettate dal vero cristiano.
Queste sono principalmente il battesimo per aspersione, il battesimo dei fanciulli, il battesimo nel solo nome di Gesù (Vangelo di Matteo 18:10; 19:13-15; Libro degli Atti degli Apostoli 2:38; 10:48).
Siamo dunque stati sepolti con lui mediante il battesimo nella sua morte, affinché, come Cristo è stato risuscitato dai morti mediante la gloria del Padre, così anche noi camminassimo in novità di vita (Lettera di Paolo ai Romani 6:4).
Presso gli Ebrei, abitatori del deserto e pellegrini, l’acqua aveva un valore importantissimo; la sua assenza, per il popolo errante, significava un vero e proprio dramma che metteva a rischio l’esistenza. Nel girovagare nel deserto (la prova) lo scoprire nuove fonti d’acqua diventava la conferma dell’intervento divino che puntualmente provvedeva l’acqua, come nel caso della roccia di Oreb, percossa dal bastone di Mosè (Libro dell’Esodo 17:6; vedi anche il Libro dei Numeri 20:8-11). Questo episodio prefigura l’idea che dalla Roccia-Gesù sarebbe scaturita “l’Acqua” della redenzione del mondo. Il Signore stesso è quindi l’acqua della vita per i credenti di ogni tempo.
La prima funzione dell’acqua presso tutte le popolazioni primitive era prettamente pratica, ovvero rappresentava l’elemento per la purificazione del corpo. A livello religioso, l’acqua diveniva poi il simbolo di una profonda ed intima esperienza spirituale. In ogni epoca la “questione spirituale” dell’individuo (forse la sua coscienza?) lo pone, a un certo punto dell’esistenza, di fronte alla netta percezione di sé come di un essere sporco, contaminato dal male, impedito nel suo incedere da un ostacolo morale da rimuovere. Per questo motivo, nell’immaginario collettivo, prendeva consistenza la facoltà purificatrice dell’acqua, capace di eliminare “macchie” e impedimenti e di ripristinare l’originaria bellezza (si rammenti l’episodio del lavarsi le mani di Pilato, segno di rimozione della colpa da sé).
Quanto agli Ebrei, dediti in maniera meticolosa alle abluzioni periodiche, ad un certo punto la tendenza farisaica a formalizzare questo atto lo svuotò del suo contenuto simbolico, interiore, fino a che Dio, tramite Isaia, spronerà così il suo popolo:
…le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male; imparate a fare il bene; cercate la giustizia… Poi venite, e discutiamo, dice il Signore: “Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come la neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana (Libro del profeta Isaia 1:15-18).
E’ significativo come già nell’Antico Testamento la salvezza e la redenzione sono rapportate alla giustizia, ad una precisa volontà dell’uomo di operare secondo gli insegnamenti della Legge, anziché ad un cerimoniale di abluzioni o aspersioni. Pur tuttavia, non è sufficiente la sola “risoluzione del cuore” a garantire all’uomo la redenzione. Dio stesso deve provvedere un mezzo di redenzione:
…vi aspergerò d’acqua pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito… vi libererò da tutte le vostre impurità… (Libro del profeta Ezechiele 36:25-29). E’ chiaro che Dio non prevedeva la purificazione del corpo come mezzo di auto-redenzione, ma evidenziava che l’uomo può essere salvato solo grazie a una virtù soprannaturale. L’acqua di per sé non era da intendersi come “strumento magico” della salvezza. Se dunque non è l’uomo che può da solo cambiare il proprio cuore, che può disporre in sé di uno spirito nuovo, se non è in grado di liberarsi dall’impurità, allora deve essere un altro: questo Altro è Dio, il Redentore, Cristo Gesù.
Un altro simbolismo che sottintende che Dio stesso sia l’acqua di vita e di redenzione per l’uomo si può individuare nella visione di Ezechiele (cap. 47), nella quale un rigagnolo proveniente dal tempio diviene un vero e proprio fiume in piena, fiume associato allo Spirito Santo per via degli effetti che determina: sopravvivenza degli uomini, pesce in abbondanza, risanamento dell’ambiente e produttività del terreno.
Con l’immersione si ha l’impressione di realizzare materialmente e simbolicamente il “rivestire Cristo” di cui parla la Scrittura. Siccome l’acqua avvolge interamente il corpo del battezzando, quasi come un vestito, l’immersione rappresenta l’atto di fede del credente che rinuncia al suo vecchio abito (“seppellimento del vecchio uomo”), per indossare l’abito nuovo in senso spirituale (“risurrezione a nuova vita”). Questo abito nuovo è Cristo stesso e la sua natura.
Il senso della completa immersione nell’acqua non è una novità assoluta del battesimo cristiano; è anzi già presente nell’Antico Testamento con due figure assai eloquenti. Pietro lo rende attraverso la figura del “diluvio” che avvolse l’arca salvifica con tutto il suo contenuto umano (e animale), mentre al suo esterno, drammaticamente, per il giudizio espresso da Dio l’acqua compiva una drastica purificazione/condanna del peccato:
…al tempo di Noè, mentre si preparava l’arca, nella quale poche anime, cioè otto, furono salvate attraverso l’acqua. Quest’acqua era figura del battesimo (che non è eliminazione di sporcizia dal corpo, ma l’impegno di una buona coscienza verso Dio). Esso [battesimo] ora salva anche voi, mediante la risurrezione di Gesù Cristo (Prima Lettera di Pietro 3:20-21).
Un’altra figura, impiegata da Paolo per simbolizzare il battesimo è quella del passaggio del Mar Rosso: anche in questo caso l’acqua da una parte è il mezzo che segna la definitiva separazione del popolo Ebreo dall’Egitto ed è simbolo di salvezza divina, dall’altra costituisce l’elemento che condanna drasticamente, per mano divina, l’orgoglio degli egizi.
Il battesimo è quindi simbolo della salvezza ottenuta grazie alla morte e alla risurrezione del Figlio di Dio, è il rito che dichiara pubblicamente il nostro consapevole e volontario allontanamento dallo spirito del mondo.
Ancor di più va evidenziato che il significato di immersione va esteso all’essere battezzati-immersi nella divinità, nel (dentro) nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. La forma trinitaria utilizzata dichiara la sottomissione del credente all’autorità delle tre Persone della Trinità e l’accettazione della salvezza provveduta dal Padre, manifestata e compiuta dal Figlio sulla croce e rivelata e applicata dallo Spirito Santo alla coscienza dell’uomo, da Lui convinto “di peccato, di giustizia e di giudizio”.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttar via Ecclesiaste 3:6
La vita e fatta di molte conquiste, queste implicano molti sacrifici e spesso molte rinunce. Al raggiungimento di ogni traguardo inevitabilmente subiamo qualche perdita.
Durante il percorso della vita inseguiamo degli obbiettivi. Spesso iniziamo ricercando una posizione lavorativa per affermarci nella società. Successivamente desideriamo qualcuno con cui condividere il nostro cammino, quando lo troviamo, desideriamo dei figli, dopo una casa e così via…
Se ci soffermiamo su “un tempo per perdere”, ci accorgiamo che questo evento ed una circostanza particolare che ci rende spesso vulnerabili, tristi, affranti dal dolore, disorientati e scoraggiati!
Se questo perdere rappresenta la perdita di qualcuno a noi caro, un genitore, un coniuge, un figlio o qualcuno che consideravamo importante per noi vedrete che questo “tempo per perdere” assumerà una diversa prospettiva.
Caro lettore, caro amico, fratello Dio ha stabilito un tempo per ogni cosa, ne io ne tu possiamo decidere il momento in cui questo “perdere” sia quello più opportuno, ma se stai attraversando un momento di perdita sappi che Dio è con te!.
Se ti senti disorientato, Dio vuole indirizzarti sulla giusta via! Devi farti coraggio ed avere fede in Lui. Potrai notare che la forza ed il sostegno che stai cercando, ti saranno elargiti con la Sapienza che solo di Dio possiede.
“Tu, non temere, perché io sono con te; non ti smarrire, perché io sono il tuo Dio; io ti fortifico, io ti soccorro, io ti sostengo con la destra della mia giustizia.” Isaia 41:10
Non dico che sia facile affrontare questi momenti di perdita, anzi penso che sia estremamente difficile, esso diventa un vero e proprio campo di battaglia, dove noi insieme all’Apostolo Paolo dobbiamo poter dire:
“Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede.” Timo. 4:7
Cosa vuol dire conservare?
Significa che nonostante tutto, siamo riusciti a raggiungere un altro traguardo, grazie all’aiuto di Dio siamo riusciti a custodire ed a difendere quello che è il dono di Dio in noi!
Conserviamo la fede affidando pienamente la nostra vita a Dio!
Certamente potrebbe non risultare facile, credo non lo sia stato nemmeno per Stefano che fu lapidato, mentre lui pregava ed affidava il proprio spirito a Dio! Noi nel nostro tempo della perdita, siamo altrettanto capaci di affidarci completamente a Lui?
Gesù vuole dirti oggi se non trovi le forze è arrivato per te “il tempo di buttar via”
Devi togliere ogni peccato, ogni idolatria, ogni ansietà, ogni tristezza ed essere ubbidiente alla parola di Cristo!
Nel tuo dolore, troverai conforto, nella tua tristezza, troverai in Lui la gioia, nelle tue incertezze, Lui saprà indicarti la via!
Egli ha un piano eterno per te, per noi, in Gesù Cristo abbiamo la libertà di accostarci a Dio con piena fiducia!
In qualsiasi circostanza ci potremo venire a trovare, Egli saprà intervenire nelle nostre vite, quello che occorre per essere partecipi di questo dono è accettare Gesù come personale Salvatore, soltanto in quel momento la nostra fede e la nostra vita inizierà un nuovo cammino insieme a Lui!
“Secondo il disegno eterno che egli ha attuato mediante il nostro Signore, Cristo Gesù; nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui.” Efesini 3:11-12
SDMariano
A causa dei suoi limiti, l’uomo con la propria ragione non può arrivare a conoscere la verità assoluta. Tuttavia, la ragione gli consente di orientare nella giusta direzione la propria “fede” per riporla solo in Colui che possiede la verità assoluta, cioè nell’unico Dio vivente e vero. E’ ragionevole che la creatura ponga la propria fede nel Creatore e in tutto ciò che lo glorifica. L’alternativa a questo orientamento è un comportamento irrazionale che porta l’uomo a rivolgere la propria fede alla creatura, anziché al Creatore, a falsi Dei e personaggi mitologici frutto della fantasia umana, anziché all’unico Dio vivente e vero. Gesù disse: “or se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa” (Matt. 15:14). Non ci sono altre alternative, o fidarsi del Creatore e della Sua Parola (fonte propria di verità assoluta), o fidarsi della creatura che nel suo orgoglio si illude di possedere la verità assoluta.
Fr. Enzo Pisciotta
Eccoci qui, possiamo dire anche noi, insieme a Samuele, che Dio è stato buono!
In quest’anno il Signore è stato il nostro Soccorso, il nostro Aiuto, il nostro Scudo e la nostra Forza!
Viviamo tutti quanti momenti difficili, molte persone vivono nelle difficoltà, nelle malattie si sentono sole ed abbandonate! Noi preghiamo affinché, ognuno possa riconoscerlo, come proprio soccorritore! E chiedere a Dio, aiuto e liberazione.
Per un credente, il soccorso viene prima di ogni altra cosa dal Signore, perché Egli stesso ci da garanzie in tal senso. Nella sua Parola, Egli spesso dichiara, di essere pronto ad intervenire in favore di quanti lo amano, e lo temono. (1)
La nostra comunità, in quest’anno è grata a Dio, per i traguardi raggiunti, sia in ambito materiale che spirituale! Molti ammalati il Signore li ha sostenuti, assistiti ed aiutati, ed oggi possono testimoniare di quanto sia potente il braccio di Dio! Guarendole!
In quest’anno abbiamo visto anime, accostarsi a Dio, qualcuno è sceso nell’acqua battesimali, ed ha potuto testimoniare, di come questo soccorso, possa essere una liberazione, un riscatto, una redenzione, completa. Perché Gesù si è fatto carico di ogni cosa! Per la nostra salvezza! (2) (1)
L’Intervento del Signore, non sempre porta, alla guarigione del corpo.
Abbiamo condiviso il dolore insieme ai familiari per la dipartita di un caro fratello, benché la sua veneranda età, lo abbiamo visto sempre con la parola di Dio, sulle sue labbra, nel suo cuore, e tra le sue mani! Lui fino alla fine ha mostrato quanto questo soccorso possa determinare la differenza, anche in circostanze senza speranza, perché cantava le lodi del Signore fino alla fine! E con il suo esempio, ha fortificato la nostra fede in Gesù nostro Salvatore!
Il nostro desiderio in questo nuovo anno, è che ogni persona viva una vita esuberante, piena della benedizione di Dio. Il nostro augurio più grande che tu possa credere, in Gesù come tuo salvatore, soccorritore e liberatore ed insieme a noi potai dire: Amen! Vieni, Signore Gesù! (3)
“ Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno”
(Ebrei 4:15, 16).
“Insegna al ragazzo la condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne allontanerà.”
Proverbi 22:6 NR06
Domenica 4 giugno 2017
Viviamo in una società, cosiddetta “digitalizzata”.
Dove i nostri bambini, ragazzi e adolescenti, mediante le nuove tecnologie, hanno libero accesso ad ogni tipo d’informazione.
Attraverso i media e i social network, vengono letteralmente inondati da messaggi loro inviati, per lo più negativi e privi di morale.
Spesso, questi messaggi non vengono compresi dai nostri ragazzi, dove vengono attratti e affascinati.
Non riuscendo appunto, a discernere il bene dal male, divengono quasi schiavi di un nulla di fatto.
I ragazzi quindi prendono come modello questi esempi sbagliati.
Molti sono ormai i casi di cronaca che ascoltiamo, dove i ragazzi, spesso lasciati solo a se stessi, vengono sedotti, e tratti in inganno, e diventando cosi facili prede del nemico.
Il risultato è quello che vediamo e sentiamo, questi ragazzi seguono delle regole assurde, sentendosi parte di un gioco pericoloso, come il caso del blue whale.
Voglio farvi notare, che questo terribile fenomeno un gioco dell’orrore viene presentato appunto come “un gioco“. Questo gioco ha anche un nome cosi semplice al primo impatto, quello di”Balena Blu“.
Spesso il male si presenta, come qualcosa di innocuo, che all’apparenza può divertire, ci fa sentire amati, perché si vuole contrapporre al vero amore quello che Dio, ha per noi! senza le giuste basi e senza la conoscenza d Dio, possiamo veramente rischiare tanto!
Nelle nostre comunità, svolgiamo un attività fondamentale per i nostri ragazzi. Quella della Scuola Domenicale.
Qui i ragazzi possono affrontano temi molto importanti, alla luce della parola di Dio, dove grazie all’ascolto e alla preghiera, non vengono lasciati soli.
Le sorelle responsabili, grazie anche a loro esempio, di amore e di fede, offrono una guida molto importante a questi ragazzi, cercando di trasmettere i giusti valori, per educarli
nella conoscenza di Dio. Equipaggiando le loro vite attraverso un amore pratico, rendendoli partecipi del grande amore che esso ha per loro. Grazie al sacrificio di Gesù! anche loro sono liberi di andare a lui, perché e lui stesso pronto ad accoglierli.
Quest’anno come sempre si è svolta la chiusura della Scuola Domenicale, con la recita, di chiusura, per dare ai ragazzi e ai bambini l’occasione di incamerare in senso pratico quanto studiato e meditato nell’anno trascorso.
DIO possa benedire queste sorelle, nel loro compito di educatrici, e validi esempi di fede, che con il loro amore, possano conquistare questi fanciulli e renderli nuove leve al servizio dell’unico maestro Cristo Gesù che disse: «Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è di chi è come loro. Vangelo secondo Marco 10:14 NR06
Questi ragazzi li presentiamo a Dio, nella certezza che se un giorno anche non troppo lontano, si troveranno nelle prove o in qualche difficoltà, possono attingere nella parola seminata nei loro cuori!
Anche noi adulti alla luce del verso appena letto, vogliamo somigliare alla semplicità che accomuna tutti i bambini, lasciandoci guidare ed ammaestrare senza troppi dogmi, ma con una fede sincera, attraverso lo sguardo di un bambino, possiamo ricevere il regno di Dio nei nostri cuori!
Ogni lode e onore vada al nostro Signore e Salvatore Gesù.
Ecco alcune foto della recita